Martedì 02 agosto riapre al pubblico Palazzo Fava
Giorni di apertura: da martedì a domenica
Orari: dalle ore 10.00 alle 19.00
*note: il palazzo rimarrà chiuso per la settimana di ferragosto, dal 15 al 22/08 (compresi).
Scrigno di una delle pietre miliari della civiltà pittorica bolognese, il palazzo entra in possesso della famiglia Fava nel 1546. Per volontà di Filippo Fava, personalità di spicco della famiglia, molti furono i cambiamenti riportati all’immobile. Pur conservando il porticato, di gusto ancora gotico, si volle reimpostare la decorazione della facciata in laterizio, vivificata da modanature ed elementi decorativi in arenaria, come gli intrecci di volute e baccelli di fava, simbolo araldico della famiglia. Sconosciuto il nome dell’architetto che sovraintese i lavori. Con l’arrivo del Conte Carlo Fava ci furono altri rimaneggiamenti e, a fine ‘700, si ebbe la grave perdita di numerosi affreschi a causa della volontà di “dar di bianco”. Nello stesso periodo vennero effettuati scavi archeologici che, probabilmente, hanno portato alla luce le due colonne in marmo di epoca romana oggi situate nell’androne del palazzo. Dopo l’estinguersi del ramo dei Fava-Ghisilieri e dopo il passaggio alla famiglia Medica, l’edificio divenne sede dell’Istituto dei Beni Culturali e Naturali dell’Emilia Romagna. Rimasto chiuso e in disuso per parecchi anni è stato ora acquistato, restaurato e riaperto al pubblico dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Ludovico sicuramente seguì i lavori e collaborò all’ideazione dei riquadri. L’Albani, alle prese con il I e IV libro dell’Eneide, è riconoscibile per il suo stile particolarmente “raffaellesco” mentre il Cesi, incaricato di raffigurare il V libro, è caratterizzato da un profondo senso della controriforma nella sobrietà della composizione in favore del vero. Se l’Eneide era tema privilegiato nelle decorazioni dei palazzi bolognesi (Niccolò dell’Abate realizzò il ciclo presso Palazzo Leoni e Palazzo Poggi), per il ciclo di Giasone il discorso si fa più complesso. Da un lato ci fu di certo un ritorno letterario che rese questo mito “alla moda”, ma si presuppone ci fosse anche un riferimento alla storia personale della Famiglia Fava. Due le ipotesi: una sta nella figura di Giasone, che con razionalità e sforzo riesce a perseguire il suo obiettivo (la conquista del vello) contro la lussuria (i tori), l’orgoglio (il drago), e il vizio (dente del drago), divenendo quindi exemplum da seguire. L’altro sta nella massiccia presenza nel racconto dell’elemento magico e dell’inganno impersonificato da Medea, che richiama il rapporto tra scienza medica e magia, discipline cui erano dediti i componenti della famiglia Fava.